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Le Stelle di Mario Schifano

Una Factory sulle rive del Tevere


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Siamo nel 1967. Come sempre, l’ambiente artistico italiano è molto ricettivo rispetto alle esperienze d’oltreoceano. Gli artisti romani si convertono alla religione della pop-art e alle liturgie di Warhol, di Lichtenstein e di altri artisti innovativi dell’epoca.
schifano-4.jpgMario Schifano (1934-1998), artista già noto per i suoi lavori di rottura e per  le sue intemperanze, frequenta per qualche tempo New York e si lascia coinvolgere dall’atmosfera trasgressiva e psichedelica della Factory di Andy Warhol e dei suoi grandi show multimediali che vedevano come star principale i Velvet Underground.
Torna in Italia entusiasta con l’intento di ricreare nel nostro paese quella stessa atmosfera creativa. Raduna alcuni validi musicisti, operanti in gruppi ‘beat’, che era il genere allora imperante in Italia, li battezza con un nome che non lascia alcun dubbio sulla sua genesi e sulla sua ispirazione (‘Le stelle di Mario Schifano’) e produce il loro primo (e unico) album, intitolato ‘Dedicato a’: come Warhol, ne realizza la copertina, utilizzando il tema prevalente delle sue opere di quel periodo, il suo marchio di fabbrica (appunto le stelle).
Vuole fare di più e organizza alcuni ‘happening’ durante i quali, emulando il genio americano della pop-art, la musica rock si mescola alla proiezione di sue opere e film.
Ma la Factory romana ha vita breve, forse per la frenesia perenne di Schifano che lo spinge verso nuove esperienze, forse per lo scarso successo commerciale dell’album, decisamente troppo all’avanguardia per l’epoca. Valutato con il giudizio dei posteri di mezzo secolo dopo, è a nostro parere un disco che ha momenti pregevoli con accenni premonitori di prog, sull’onda dei Pink Floyd e degli stessi Velvet Underground; la lunga jam session sul lato A, registrata in presa diretta (come richiesto sembra dallo stesso Schifano, quasi volesse realizzare con la musica una delle sue opere informali), risulta però a tratti caotica e poco fruibile.
 

Per concludere: questo progetto, questa Factory ‘de noantri’, pur con i suoi limiti, va apprezzato per come è riuscito a dare vita ad un esperimento di arte globale, unico per la realtà italiana dell’epoca, e ad un album profetico, rappresentativo del passaggio dall’era psichedelica del ‘beat’ all’era del ‘progressive rock’, genere che sarebbe sbocciato in Italia non prima del 1970.
Nota Finale: L’album originale, stampato in pochissime copie, è una rarità assoluta per i collezionisti e può raggiungere, per chi ha la fortuna di trovarne una copia in buono stato, quotazioni a tre zeri.

 
Il disco
  

Tracce

A1 - Le Ultime Parole Di Brandimante, Dall'Orlando Furioso, Ospite Peter Hartman E Fine
(Da Ascoltarsi Con TV Accesa, Senza Volume)

B1 – Molto Alto
B2 – Susan Song
B3 – E Dopo
B4 – Intervallo
B5 – Nolto Lontano (A Colori)

Musicisti

Francesca Camerana – voce, chitarra (tracce: 1)
Sergio Cerra - batteria
Giandomenico Crescentini – basso
Peter Hartman – pianoforte (tracce: 1)
Nello Marini - organo, pianoforte
Urbano Orlandi - chitarra
Ettore Rosboch – pianoforte (tracce: 1)
Anton Mario Semolini - flauto (tracce: 1)
Paul Thek – tamburello (tracce: 1)

Crediti

Composto da: Le Stelle di Mario Schifano (tracce:
 1,2,4,5,6) Paul Treck (tracce: 3)
Produttore Esecutivo: Franco Andreolli
Foto e Impaginazione: Mario Schifano (foto pagina            centrale – Manfredi Bellati)
Prodotto da: Ettore Rosboch e Mario Schifano

Note

Edizioni musicali BIDIESSE Milano
contenete un libretto di 8 pagine

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Autore : Stefano Sorrentino, 24/05/2021