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Miti dell'America che amavamo


La decadenza dell'America come punto di riferimento culturale e sociale del mondo, in particolare di noi Europei, è iniziata già da parecchi anni, molto prima dell'era Trump.

'The Donald' sta semplicemente completando l'opera.

Ho scelto, fra i tanti disponibili, cinque miei miti americani che, in ambiti diversi, sono entrati nell'immaginario collettivo della cultura pop mondiale, rappresentazioni di una stagione magica in cui guardavamo agli USA con amore e soggezione, consci della loro irraggiungibile superiorità. Ma era tanto tempo fa...


Neil Young 

 

Primo dell'elenco, e non a caso, per la portata della sua influenza sul sottoscritto, Neil Young, canadese di nascita ma americano di adozione, incarna il vero spirito “hippie” californiano.

Le nostre strade si sono incrociate nel 1972, all'uscita dell'album 'Harvest': io, un ragazzino di 16 anni, affamato di musica e di punti di riferimento; Neil, un giovane e talentuoso cantautore, già di successo e in procinto di entrare nella leggenda.Da lì in poi, è stato amore sviscerato per ognuno dei suoi album, precedenti e successivi, almeno per tutta la mia adolescenza, nel corso degli anni 70. 

Il suo impegno sociale e politico lo ha reso un simbolo per tutti i giovani di belle speranze, ma anche per le persone più mature che continuano a seguirlo.A quasi 80 anni, Neil Young non si arrende mai ed è ancora solidamente sulla breccia. Continua a scrivere canzoni e a pubblicare dischi, riprendendo anche lo sterminato e inedito materiale di archivio della sua decennale carriera, sia in studio che dal vivo.

Neanche il suo attivismo conosce rallentamenti: di recente ha partecipato, insieme ad altri artisti, fra cui Joan Baez, ad un raduno, organizzato dai democratici statunitensi Bernie Sanders ed Alexandria Ocasio-Cortez, per protestare contro il nascente oligarchismo americano. Nella sua breve perfomance solista, Neil ha cantato a squarciagola 'Rockin' in the Free World', accompagnato dalla sua chitarra elettrica distorta e dalla sua inseparabile armonica a bocca; gli accordi di questa sua canzone del 1989, diventata un inno planetario alla libertà, formavano la traccia su cui Neil, sostenuto da una platea elettrizzata, urlava un auspicio: 'Take America back!' ('Riprendiamoci l'America!').

Peanuts

 

«Charles Schulz lascia una moglie, due figli, tre figlie e un ragazzino dalla testa rotonda con uno straordinario cane.»

Con questo necrologio, il Times di Londra ha ricordato, il 14 febbraio del 2000, la scomparsa del creatore della striscia di fumetti più famosa del mondo: i Peanuts.

Charlie Brown, il suo cane Snoopy, Linus e la sorella Lucy, sono gli straordinari personaggi di questa saga, che è stata pubblicata su tutti i principali giornali del mondo, ininterrottamente per quasi cinquant'anni.

Non è solo un fumetto per bambini, anche se dei bambini sono i protagonisti: la sua ironica e delicata poesia coinvolge le persone di ogni età e di ogni generazione, invitando garbatamente a meditare sulla complessità della natura umana.

E' forse uno dei primi prodotti dell'arte grafica che è diventato 'mainstream', raggiungendo tutti gli strati della popolazione e suscitando un affetto davvero enorme.

Fender

 

Un mito dell'industria a stelle e strisce, la Fender costruisce strumenti musicali dalla fine degli anni 40.

La chitarra elettrica per antonomasia, la Fender Stratocaster, è il famosissimo ed iconico strumento suonato da una enorme massa di musicisti rock, fra cui Eric Clapton, David Gilmour, Frank Zappa e tanti altri.

Jimi Hendrix, in particolare, utilizzava la sua Stratocaster con uno stile tutto personale, la faceva urlare per far capire al mondo che la musica era definitivamente cambiata.

Altro riuscitissimo prodotto della Fender, il piano elettrico Fender Rhodes è altrettanto iconico anche se, si sa, il pianoforte è uno strumento più discreto e quindi si nota di meno.  Molto usato sia nel jazz che nel rock, ha un suono unico e riconoscibile che ha caratterizzato molte canzoni entrate nella storia: 'Don't Let Me Down' e 'Get Back' dei Beatles, 'Riders on the Storm' dei Doors, 'Just the Way You Are' di Billy Joel, 'Still Crazy After All These Years' di Paul Simon e mille altre.

Come piano elettrico, insieme al suo “rivale” Wurlitzer, il Fender Rhodes è tuttora molto presente nella strumentazione di band e cantanti, per il suo timbro difficilmente riproducibile, nonostante i tentativi, dalle tastiere digitali.


Stanley Kubrick

 

Genio planetario, da tutti riconosciuto come uno dei più grandi registi di tutti i tempi, Stanley Kubrick fu artefice di un numero limitato di film, “solo” 13 (da “Paura e desiderio” del 1953 fino a “Eyes Wide Shut”, uscito postumo nel 1999, anno della sua morte), molti dei quali capolavori assoluti e diventati, nel tempo, punti di riferimento per un determinato genere cinematografico (la fantascienza, i thriller/horror, i film di guerra, …).

Ha rappresentato l'America in tutte le sfaccettature delle sue convenzioni e delle sue contraddizioni: dal fanatismo militarista del “Dottor Stranamore” alla fantascienza mistica di “2001: Odissea nello Spazio” (guarda caso, proprio un anno prima della “vera” impresa spaziale dello sbarco sulla luna); dall'ultra violenza urbana di “Arancia Meccanica” alla alienazione dai risvolti agghiaccianti di “Shining”; dalla violenta cronaca della guerra del Vietnam di “Full Metal Jacket” fino all'ultimo film,“Eyes Wide Shut”, che il regista non ebbe il tempo di vedere completato, con il racconto erotico del suo “doppio sogno” (titolo del romanzo breve di Arthur Schnitzler da cui il film fu tratto).

L'uscita (rara, purtroppo) di ogni film di Stanley Kubrick era un evento che faceva pensare, faceva discutere ma non deludeva mai, comunque destinato ad un enorme successo popolare. Sfortunatamente se ne è andato troppo presto, lasciando un vuoto incolmabile nella cinematografia mondiale.


Lo sbarco sulla luna

 

Il 20 luglio 1969 la missione Apollo 11 portò per la prima volta sulla luna degli esseri umani, i due astronauti statunitensi Neil Armstrong e Buzz Aldrin. La corsa allo spazio, ingaggiata dagli USA e dalla Russia, ebbe il suo vincitore. Mai come in quei giorni la superiorità degli americani fu tanto evidente, e non solo nel campo tecnico-scientifico.

Lo sbarco sulla luna, che realizzava il sogno di sempre dell'umanità, fu l'apice della reputazione dell'America nel mondo intero ed entrò nel mito: da quel momento in poi, nessuno avrebbe potuto eguagliare il loro predominio.

Questo era il sentimento comune all'epoca. Ma, a partire dal decennio successivo, gli anni 70, l'America si avviò a perdere, gradualmente, la sua aura di superiorità: il disastro del Vietnam e la diffusa, e talvolta sanguinosa, rivolta giovanile che ne seguì furono i primi drammatici cambiamenti che contribuirono a far sì che il grande mito americano iniziasse una inarrestabile decadenza, che non si è mai fermata e che continua tuttora.

 

Autore : Stefano Sorrentino, Mag./2025