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Copernico e la seconda volta


ibm1.jpgConosco Giorgio dalla metà degli anni ’80. A quell’ epoca avevo da poco iniziato la mia attività di informatico “free lance” ed operavo presso una nota software house del Parmense. Noi cosiddetti “esterni” avevamo il nostro posto di lavoro in uno stanzone ad hoc ribattezzato “la stalla”. Tra le varie persone che vi lavoravano c’era una sorta di complicità in quanto gli “esterni” erano mal visti dal personale dipendente che riteneva gli rubassero il lavoro. Questo senso di complicità era però sovrastato dalla competizione, in quanto ognuno vedeva nell’altro un potenziale avversario nella ricerca di commesse. Io ero meno toccato da questo aspetto in quanto il mio ambito non era la programmazione ma la meno richiesta area sistemistica. Solitamente ognuno faceva il suo e la conversazione era limitata a cortesi ‘ciao’. Entrai in contatto con Giorgio la volta che lo vidi lavorare con le cuffie attaccate ad un mangiacassette.  Era nella scrivania di fianco alla mia e quindi abbozzai un breve colloquio che, memoria permettendo, provo a ricordare: “Cosa ascolti ?” - “gli AC/DC” – “ma riesci a lavorare ?” – “si, mi danno la carica” – “Ah!”.  Rimasi molto perplesso, ma in seguito capii. Infatti dopo quel primo approccio ci incontrammo anche a mangiare nei vari locali limitrofi iniziando a frequentarci sempre in tali occasioni. Il mio stupore sull’ascolto degli AC/DC è presto spiegato. A me piace il jazz; ma il problema non è solo il genere di musica: l’ambito del mio lavoro, l’area sistemistica, a me piaceva da matti, quindi non avevo bisogno di qualcosa che mi motivasse. Giorgio spesso mi accusava di questo, ovvero mi diceva che io ero uno dei pochi fortunati al mondo che fanno un lavoro che gli piace ed è quello che hanno sempre sognato di fare. Vero.  Comunque tra noi nacque un buon rapporto perché pur avendo gusti musicali diversi concordavamo su molte cose, tipo il fatto di odiare il parlare di calcio specificatamente in un Bar. Altre cose ci trovavano parzialmente d’accordo: ad entrambi piaceva molto la torta fritta ma io trovavo indigesta quella della festa dell’Unità. Mi pare di avergli prestato anche qualche disco ‘abbordabile’ tipo Pat Martino o John Abercombie. Il lavoro si evolve, i clienti cambiano. Ci siamo poi rivisti una sola volta, casualmente una decina di anni fa al Mercato dell’antiquariato di Fontanellato. Tempus Fugit! Ho scoperto il sito Rockover60 dopo aver letto l’articolo sulla Gazzetta di Parma. Troppo rock per me. Ultimamente ho visto un’evoluzione verso una forma legata ad un concetto più ampio di musica e mi hanno colpito l’articolo sui “Gusti Musicali” ma soprattutto quello su “Le oche selvatiche di Lorenz ed il vero rock”, sia perché non sono del tutto d’accordo, sia perché mi hanno riportato alla mente le discussioni che facevamo quaranta anni fa mangiando pessimi panini. Allora gli ho scritto una mail in cui oltre ai complimenti di rito esprimevo alcune mie considerazioni.  Giorgio mi ha risposto, e con il tatto che lo ha sempre contraddistinto, mi ha in sintesi risposto “allora scrivilo tu”.   Ah si? Ecco fatto, anch’io sono in pensione e qualche cosa di diverso ogni tanto aiuta. Ho chiesto cosa potevo scrivere. La risposta è stata: “qualsiasi argomento che sia riconducibile alla musica, evitando la politica e tutto ciò che può essere suscettibile di querela”. Ed eccomi.
cop1.jpgIl mio maestro musicale è stato Eugenio, conosciuto ai tempi dell’università. Fu lui ad iniziarmi al jazz ed a contagiarmi con un certo modo di approcciare l’arte, in senso generale. Un genio, morto giovane, maledettamente giovane. Il concetto fondamentale, su cui basava tutte le sue scelte era quello della “seconda volta”. Sosteneva che la prima volta qualsiasi cosa con cui abbiamo a che fare non ha valore. Il nostro cervello non è in grado di apprezzarla in quanto impegnato a studiarla. Solo la seconda volta, eliminati i filtri della novità, il cervello è in grado di valutarla appieno ed a questo punto può esprimere un giudizio positivo o negativo. Valeva per tutto, dal vino alle letture, dai film alla musica. Ad esempio sosteneva che la seconda volta riusciva ad apprezzare appieno in tutte le loro sfumature, venuta meno l’ansia del sapere come andava a finire o lo stupore della novità. Molti dei dischi in mio possesso me li ha dati lui; li teneva un mese, li imparava quasi a memoria e poi li regalava perché riteneva non avesse senso riascoltarli o tenerli solo per possesso (concetto avulso da lui). So già dove qualcuno verrebbe andare a parare. Ebbene Eugenio cambiava spesso compagna.
Io non sono intelligente com’era lui, anzi sono portato alla schematicità (e il mio mestiere ne è una prova) ma sia per i suoi insegnamenti che per compensare questo lato caratteriale cerco di essere curioso, di guardare avanti e non indietro. Lunga premessa ma necessaria prima di esporre una mia critica a Rockover60.
Non contesto il fatto di prendere in esame un periodo storico e trattare i relativi argomenti legati alla musica. Altrimenti si dovrebbe fare un’altra wikipedia.
Ma non sono d’accordo quando si afferma “ …che noi abbiamo posto posto il “vero rock” al centro dell’universo musicale …. Il “vero rock” è la musica più bella che mai mente umana abbia prodotto che, guarda caso, coincide quella di quando eravamo giovani.”
copi1.jpgMi tocca fare Copernico e confutare questa visione rock-centrica.
E’ un’affermazione errata in cui è evidente il motivo dell’errore. E’ errata perché di buona musica ce n’è ancora tanta, credetemi. Basta andarla a cercare in mezzo al mare di schifezze che ci sono oggi come c’erano nei mitici anni ’70. Ed è lampante il motivo che induce all’errore: “quando eravamo giovani”. Lungi da me fare lo psicologo, ma è il solito schema mentale che apprezza il passato rispetto al presente perché già conosciuto, privo di incognite. Io sono convinto che il presente è sempre meglio del passato, ovviamente periodi di guerre o di pandemie a parte. Discuto spesso con mio cugino Dario su questo tema perché lui ogni volta mi dice: si, si, vedrai fra vent’anni quando i nostri nipoti dovranno osservare il Ramadan. Confido che abbia torto.
Eliminiamo i libri best-seller, i film cinepanettone, i reality tv e le canzonette, delimitando l’ambito ad un approccio culturale medio-alto. E’ chiaro che man mano che aumentano gli anni c’è la tendenza a privilegiare le cose del passato o per lo meno a considerarle migliori rispetto a quelle del presente. E’ umano, è psicologicamente spiegabile. E proprio perché ce ne rendiamo conto dovremmo fare uno sforzo per superarlo. Il medico mi dice sempre: “mi raccomando faccia del movimento”. Dovrebbe dirci di farlo anche con la mente. Ed un buon esercizio credo sia quello di proporle cose nuove, curiosare, esplorare, anche in campo musicale. Quindi caro Giorgio, mi permetto un (umile) suggerimento: che Rockover60 abbracci la teoria Copernicana!


Autore : Sergio Deglincerti, 22/05/2021