|
Qualche settimana fa sono andato ad abbracciare la provincia
di Imperia, territorio magnifico e luogo magico fino al midollo. La maggior
parte dei paesi che la compongono, scusate, dei borghi che la compongono
(termine tanto di moda che se non utilizzato può portare alla denuncia) sono
cartoline viventi. Apricale, Dolceacqua, Bajardo, Cervo, Seborga, Badalucco,
Pigna, Airole, Dolcedo, Ceriana, Bussana Vecchia, giusto per citare i
maggiormente pregni di fascino e incanto, sono testimonianze di un tempo in cui
gli uomini agivano per la sopravvivenza andando a costruire nuclei abitativi
aggrappati ai colli, ma non dimenticando mai di applicare la bellezza. Essi
sono capolavori: prego chiunque abbia un briciolo di curiosità e senso della
vera preziosità di andarli a visitare. Vorrei, tuttavia, soffermarmi sullo
stupendo villaggio di Triora, la cui storia non può che rapire per il suo
carico di ingiustizie e violenze efferate praticate tanti anni fa nei confronti
di alcune sue abitanti.
Già, per chi non lo sapesse, tra il 1587 e il 1589
venti (o giù di lì) donne furono portate a processo, torturate, alcune di esse
giustiziate, solo perché l’allora credenza popolare le accusò di stregoneria.
Triora, che era il granaio della Liguria, deve il suo nome a Tri-Ora, o tre
bocche, per
indicare i tre principali prodotti del luogo: grano, vite, castagno. La
gravissima siccità che imperversava da tre anni in quell’area, portò a una
carestia dovuta all’impossibilità di crescita del grano. La mancanza di
pioggia, secondo una consolidata superstizione, dipendeva da un sortilegio che sempre
secondo quella gente dipendeva dalle pratiche occulte di alcune signore, in
verità dolcissime, che altre colpe non avevano se non quelle di curare con le
erbe in maniera alternativa, praticare riti pagani, essere indipendenti e non
essere in linea col dittatoriale volere cristiano. La leggenda narra che alcune
di esse, baggiue in dialetto locale,
furono bruciate vive alla Cabotina, nella parte alta del paese, dove si diceva
si incontrassero con Satana durante i loro sabba. Nell’ottobre del 1587 il
Parlamento locale chiese alle autorità civili e religiose di intervenire contro
le presunte streghe e di inviare gli inquisitori per poter iniziare il
processo.
La più famosa di loro, Franchetta Borelli,
sopravvisse alle sevizie e
all’Inquisizione, nonostante i piedi bruciati, la pelle flagellata, le ossa
fratturate; fu poi rilasciata ma il suo corpo restò segnato per sempre. Morì il
2 gennaio 1595. Salto temporale: Giovanni Paolo II chiese scusa per gli errori
del passato commessi dalla Chiesa, menzionando esplicitamente l'inquisizione
tra le colpe, in particolare durante la "Giornata del Perdono" del 12
marzo 2000. Morale: cinquecento anni di malefatte, processi farsa, torture,
uccisioni praticate da Santa Romana Chiesa liquidate con una parolina. Lascio a
voi ogni commento e pensiero, con un consiglio: andate a messa che sarete
redenti, nonostante gli orrori che quotidianamente commettete, tanto poi con
cinque preghiere passa la paura... Nel ricordo di quel posto, di quelle povere
anime disintegrate da nullità in abito talare, delle loro grida senza tempo,
accendo lo stereo (e non il maledettissimo telefonino), metto sul piatto un
signor LP di Donovan, dal titolo “Sunshine Superman” e mi ascolto Season of the Witch, così meravigliosamente
esorcizzante e così profondamente attuale. E a culo tutto il resto. Tanto se lo
poteva cantare Guccini, posso scriverlo anch’io. O magari il vostro Dio
assenteista si incazza e sarò scomunicato? Abbracci diffusi.
|