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WOODSTOCK – RICORDI, ANEDDOTI, SENTIMENTI DIFFUSI

“Veramente Hai Fatto Un Libro Su Woodstock?”



Woodstock Music and Art Fair – Bethel (N.Y.), 15/16/17/18 Agosto 1969 (anche se il 18 non era previsto…). Un festival niente male (!), divenuto famoso grazie al film documentario del 1970 di Michael Wadleigh (regista) che gli valse il premio Oscar, ma anche al triplo LP uscito nello stesso anno. Nel tempo ne ho collezionato tutto il possibile: triplo e successivo doppio LP, CD, cofanetti, VHS, DVD, Bluray, libri (tanti libri, soprattutto in inglese), giornali, audiocassette, filmati inediti, ecc. ecc. Ossessione compulsiva? Accumulazione seriale? No, niente di tutto questo, ma solo una sana e gigantesca (a volte un po’ ingombrante) passione per la Musica (sì, con la M maiuscola). Questo vale non solo per Woodstock, per intenderci, ma visto che oggi questo è l’argomento, lasciamo da parte tutto il resto.  Fu mio zio materno a introdurmi in quel mondo: mi fece ascoltare il triplo LP quand’avevo 8 anni e soprattutto vedemmo insieme il film, a casa sua, quando ne avevo 12 anni. Che botta. Mi si aprirono le porte della percezione, senza esagerare. Un conto è ascoltare dischi che è già tantissimo, un conto è vedere cosa accadeva nei festival durante il loro svolgimento, quindi non solo Musica. Ero assolutamente abituato, e da tanti anni, al rock in parecchie sue derivazioni (per esempio mi sottoposero Led Zeppelin, Black Sabbath, Deep Purple e Uriah Heep all’età di 6 anni, sempre ad opera dello zio conte Amilcare del gran casato dell’Oliva, detto Giancarlo), ma mai avevo visto niente di simile, se non qualche concerto, o spezzoni di documentario, che passava la TV (e all’epoca c’era pochezza in tal senso). In sintesi, rimasi folgorato. Da lì iniziò la raccolta di cui sopra. Sentii fin da subito la volontà di condividere con altri questa cosa immensa che avevo in me, ma trovare e conoscere persone aventi gli stessi interessi era difficile, che diveniva molto difficile se si abitava in un piccolo paese di provincia (spessissimo bigotto, benpensante, conservatore e a volte retrogrado). Passarono tanti anni di studio, dedizione, ardore musicale in solitaria prima di incontrare la ciurma dorata di MAT2020, in special modo del suo direttore Athos Enrile, che mi permise di esprimermi veramente e liberamente grazie al suo (nostro) web magazine gratuito (ora defunto, di cui resta un interessantissimo blog, in attesa di una resurrezione da più parti paventata e richiesta). Nel 2019 ecco l’idea di dedicare il numero di Agosto proprio a Woodstock, nel suo 50° anniversario. Fu un successo. Da lì io, Athos e Angelo De Negri (il grafico del magazine e uno dei fondatori dell’associazione, ovviamente insieme ad Athos) pensammo di farne un libro, ma non uno qualsiasi, ma che fosse ricco, ricchissimo di spunti riflessivi e informazioni. E così il 1 Settembre 2023, dopo un lavoro immane ma appagante, pubblicammo “Woodstock – ricordi, aneddoti, sentimenti diffusi”  grazie ad Arcana Edizioni. Fu un altro successo, segno che alla gente interessava ancora parecchio quell’evento. In sintesi, facemmo centro. Poco dopo tale data, lapidario, un amico mi chiese: “Veramente hai fatto un libro su Woodstock?”. Risposta: “Sì, uno dei miei desideri si è finalmente avverato. Ma avrei preferito esserci.” Pose male la domanda, siccome avrebbe dovuto chiedermi: “Veramente hai fatto anche tu un libro su Woodstock?”. Già, perché, nel tempo, di volumi su Woodstock ne sono stati scritti parecchi. Cosa lo differenzia dagli altri, quindi? Cosa è stato aggiunto al racconto? Ma soprattutto, c’era bisogno di un altro libro?

Presto detto. “Woodstock – ricordi, aneddoti, sentimenti diffusi” è un libro corale e ha un’impostazione che non ho mai trovato negli altri libri pubblicati, ed essa è passionale, sentita, vissuta; è un libro della gente per la gente, scritto in maniera non troppo erudita per renderlo fruibile a tutti. Oggettivamente riesce a coinvolgere parecchio: per portare il lettore nel campo di Max Yasgur a vivere l’esperienza, per farlo accomodare di fronte al palco ad ascoltare i più incredibili artisti dell’epoca, per farlo vagare in ottima compagnia nell’area bucolica di Bethel dove successe di tutto. Ci sono le fondamentali testimonianze dirette di Lucio Salvini, allora responsabile estero della Ricordi, e di Simonluca, cantautore piacentino trapiantato a Milano, che al festival ci andarono davvero (si calcola che almeno 3 milioni di persone raccontino di aver partecipato a Woodstock, ma solo circa 1/6 di essi calcarono quei prati). C’è l’elenco completo delle performances dei vari musicisti, track lists, orari e cachet compresi. Vengono riportati i pensieri di giganti quali Martin Scorsese (assistente alla regia e montatore) ed Eddie Kramer (fonico e ingegnere del suono responsabile) che parteciparono attivamente alla riuscita dell’evento. Emergono le meravigliose immagini elaborate da Angelo De Negri, che da sole valgono il prezzo del biglietto, come si suol dire. Ci sono memorabili racconti di importanti giornalisti come Antonio Pellegrini e Riccardo Storti e le didascalie dei profili dei protagonisti non musicisti. Nel libro vengono riportati fatti, accadimenti, sentimenti (appunto), musica e dischi (33 e 45 giri), cinema di quei tempi e di quei giorni che ruotavano attorno alla manifestazione, grazie a sapienti capitoli loro dedicati. Vengono riportati i punti di vista di musicisti di rilievo quali Gianni Leone (Balletto di Bronzo), Lino Vairetti (Osanna), Andrea Mingardi, Tony Pagliuca (Le Orme), Gianni Nocenzi (Banco del Mutuo Soccorso), Oliviero Lacagnina (Latte e Miele), Paolo Siani (Nuova Idea), Bernardo Lanzetti (Acqua Fragile e P.F.M.), Luciano Boero (Locanda delle Fate), Gianni De Bernardinis e di personalità quali Claudio Sottocornola, Mauro Selis, Gianni Novelli, Giorgio Mora, Luca Nappo, Anna Biscari, Augusto Andreoli, Gianni Sapia, Carlo Bisio e Valerio Gabrielli. Si trova un determinante apparato fotografico dei luoghi che hanno ospitato la kermesse. Si parla dei festival italiani che vennero organizzati cercando di sfruttare la scia di Woodstock, ma anche dei tre festival tenuti all’isola di Wight (il terzo del 1970 fu quello che più si ricorda) e di quello di Altamont (California), dicembre 1969, che pose la parola “fine” al movimento hippy con le sue tremende manifestazioni di violenza che culminarono nell’omicidio di uno spettatore. Secondo me un libro importante, quindi, (e non perché ne sono uno dei tre curatori), che si distingue in mezzo a tanti volumi troppo didascalici o in cui si perde il senso della narrazione. Ci sono le introduzioni, i saggi, le riflessioni mie e di Athos Enrile: come scrissi nei ringraziamenti “Scrivere un libro è anche pensarlo, organizzarlo, nutrirlo, viverlo. Il mio tanto tempo investito negli anni ha avuto ragione.” Eccetera, eccetera, eccetera. Perché a tutto vi è un seguito. Abbracci diffusi.  




Autore : Andrea Pintelli, Settembre 2025