he0r.jpghe6e.jpg he2a.jpg he3.jpg elenco link hen1.jpg he1.jpg

L’ERRORE PERFETTO

La notte in cui Tracy Chapman divenne una star internazionale


 «…. Talkin’ bout a revolution oh noooooooo. Thank you. Thank you all very much». Tracy Chapman sorride al mare di teste sotto di lei, lancia un ultimo sguardo da sinistra a destra a Wembley, alle tribune, al pubblico sugli spalti e sul prato e persino ai fari per l’illuminazione notturna. Cerca di fare in modo che quello che riempie adesso i suoi occhi riesca a rimanere impresso nella sua testa il più a lungo possibile ma sa già che non sarà così. Stacca il jack della chitarra acustica e si gira per scendere dal palco.

Album.jpg

Questo Sabato 11 Giugno 1988 se lo ricorderà finchè campa. Il suo disco di debutto è uscito da appena qualche mese e non ha ancora esattamente idea di come abbia fatto a ritrovarsi lì, per festeggiare il settantesimo compleanno di Mandela. Se ci pensa non sa nemmeno dire quante volte si sia rivolta a lui anche solo col pensiero nei suoi 24 anni. Da bambina e poi ragazza nera e coi genitori divorziati a scuola a Cleveland qualche ragione l’ha avuta. L’anno scorso ancora studiava e adesso è lì, insieme a Sting, George Michael, Eurythmics, Al Green, Joe Cocker che hanno già suonato e dopo di lei ci saranno Phil Collins, Joan Armatrading, Bryan Adams, Youssou N’Dour, Peter Gabriel, i Simple Minds e un sacco di altri giganti. Pare sia stato un gran casino convincere qualcuno: i Simple Minds e Sting hanno accettato solo dopo essere stati rassicurati che ci sarebbero stati anche altri artisti di primissimo livello. Tracy Chapman ci sarebbe andata anche a piedi. I numeri arrivati nella mattinata dicono che ci sono 67 Paesi collegati in tutto al mondo e circa 600 milioni di persone che vedranno il concerto, anche se la Fox in America ha già annunciato che provvederà a tagliare le parti politiche non gradite dei tanti che interverranno sul palco con i loro discorsi a favore della liberazione di Mandela e contro l’apartheid.

Tracy Chapman ha suonato sul palco secondario e le è stato assegnato un orario un po’ sfigato: le 3.05 del pomeriggio. Per i suoi dieci minuti scarsi ha scelto Why?, Behind the wall e l’immancabile Talkin’ bout a revolution e non è stata una passeggiata ottenere attenzione, soprattutto durante Behind the wall che ha cantato a cappella come sul disco. Anche nelle prime file c’erano un sacco di capannelli di persone che chiacchieravano amabilmente tra loro o si rovesciavano addosso delle birre urlandole qualcosa che non capiva, forse per fortuna. Ma non le è parso il caso di lamentarsi. Sono lì per altro ma tutto sommato non le dispiacerebbe se le duecentocinquantamila copie che ha venduto fino ad adesso diventassero almeno quattrocentomila.

Nel frattempo il backstage sembra un formicaio. Di fronte agli occhi suoi e del suo manager c’è un sacco di gente che neanche a New York all’ora di punta. Solo loro due sono fermi mentre una marea di persone corre in qualsiasi direzione. Il nome che sentono nominare sempre più di frequente è quello di Stevie Wonder. È uno dei primi che è stato contattato ma pare che abbia accettato solo il mercoledì prima e gli hanno trovato uno slot da venticinque minuti in prime time al posto del duetto di Prince e Bono che nel frattempo hanno dato forfait. Gran parte del pubblico ancora non sa della sua presenza anche grazie al fatto che è arrivato solo la mattina direttamente allo stadio. Agli artisti minori come Tracy Chapman e a buona parte degli strumentisti è stato chiesto di lasciare lo stadio dopo aver suonato per evitare di ingombrare il retro palco già abbastanza affollato ma Tracy ha chiesto di restare almeno fino alla fine dello show di Stevie Wonder e per fortuna le è stato concesso. La possibilità di vedere da pochi metri uno dei suoi primi idoli stavolta non le scappa.

Mentre da dietro le quinte sbircia sul palco gli UB40 sente aumentare il rumore alle sue spalle. Si gira e vede Stevie Wonder in persona insieme alla sua straordinaria band. Senza volere si trova a sorridere. È una giornata incredibile. I N C R E D I B I L E. Chrissie Hynde dei Pretenders raggiunge gli UB40 sul palco e per farlo le passa a pochi centimetri e le sorride. Sente che sono praticamente già amiche per la pelle.

Da dietro all’improvviso urlano: «Il synclavier, cazzo!» così forte che Tracy Chapman si gira verso il palco per vedere se si fosse sentito fin lì. Il synclavier è un sintetizzatore che va molto di moda e che pare sia una specie di coperta di Linus per Stevie Wonder, anche per il fatto che sopra ci registra tutte le parti sintetizzate dei suoi show dal vivo. Tracy cerca di capirne un po’ di più ma continua solo a sentire la parola synclavier che esce praticamente da ogni bocca presente nel backstage, Anche da quella del suo manager che arriva da lei trafelato dopo aver conquistato un paio di drink al catering. Gliene offre uno mentre le spiega: «Pare che non si trovi il synclavier di Stevie Wonder e lui senza quello non suona». Seguono attimi di vero panico. Gli UB40 hanno già salutato e sul palco c’è Whoopi Goldberg per un breve monologo e la sua introduzione a Stevie. Stevie a sua volta è sulla rampa che porta al palco insieme al suo inseparabile accompagnatore e a tutta la band. Non sono a conoscenza del dramma in corso. C’è un assistente di palco sudatissimo che si fa largo tra la calca e arriva fino all’accompagnatore di Stevie. Da dove si trova, Tracy Chapman non sente nulla ma quello che dicono è più che evidente dai gesti. Stevie Wonder inizia ad urlare. L’assistente di palco se la dà a gambe. Tutti adesso cercano di calmare Stevie, compresa la sua band, ma i risultati sono pessimi. Lui non ne vuole sapere di suonare senza il synclavier e Tracy Chapman lo capisce in pieno: rovinare una carriera in diretta tv è una prospettiva non proprio allettante. Gira i tacchi e se ne va in lacrime con uno stuolo di persone che lo segue.

E adesso? C’è uno slot da riempire all’orario di massimo ascolto ma nessuno sa come. I mixer sono tarati sull’esibizione di Stevie Wonder e nessuno vuole prendersi la briga di rischiare una figuraccia. Fanno cenni disperati a Whoopi Goldberg perché non lasci il palco e allunghi la minestra finché non si decide come continuare. Chiunque abbia una radiolina la usa per parlare non si sa bene con chi ma i cenni che si scambiano i tecnici con la produzione sono sconfortanti. Tracy si sente battere la spalla destra e il nervosismo nell’aria la fa girare un po’ troppo di scatto. Trova il faccione arrossato della persona della produzione che l’ha seguita in questi giorni a pochi centimetri da lei e tutti e due fanno un passo indietro, come due magneti i cui poli positivi sono stati avvicinati un po’ troppo. «Tracy» attacca lui «è il tuo momento. Nessuno vuole salire sul palco perché i settaggi dei mixer sono sulla band di Stevie Wonder e far salire chiunque altro sarebbe un’impresa impossibile. Tu hai solo la voce e la chitarra. È la soluzione più rapida e più logica. Due canzoni davanti al mondo». Quel due canzoni davanti al mondo le si deposita in testa. «Non se ne parla nemmeno. Io ho già suonato. Non so nemmeno se mi ricordo i testi delle canzoni in questo momento». La disperazione negli occhi dell’uomo della produzione è evidente tanto che si fanno quasi lucidi. Un po’ quello e un po’ il manager che fiuta l’affare del massimo risultato col minimo sforzo e Tracy inizia a farci un pensiero. Solo che per pensare non c’è tempo. Whoopi Golberg saluta e se ne va stremata dal caldo e dallo stress di una situazione del genere. «Ok. Vado».

Non ha nemmeno pensato a cosa cantare. Tra il pubblico iniziano cori da stadio che nemmeno capisce. Fast car, inizia con Fast car che ha il riff iniziale facile ed è una delle sue preferite. Poi succede una cosa che prima aveva visto solo nei film: nell’adrenalina del momento tutta la confusione che uno stadio è capace di creare si trasforma in suoni ovattati e si ritrova al centro di una bolla in cui praticamente non sente nulla. Apre la bocca e prova a cantare senza sentirsi. A quanto pare funziona perché le teste davanti a lei si fanno attente e vede qualcuno cantare con lei le strofe. Poi pian piano tutto torna normale, per quanto può essere normale una situazione del genere. Si sente dal monitor di palco e il suono è pulito, nonostante la voce si spezzi spesso per l’emozione. A metà della canzone le sembra che sempre più gente canti con lei e senza quasi che se ne accorga la porta alla fine. Mentre lascia andare l’ultimo accordo le scappa un gran sorriso, cosa più unica che rara per lei sul palco. Sposta il capotasto sulla chitarra mentre non riesce a togliersi il sorriso e decide per Across the lines, visto che il testo è forse quello più a tema con la serata. La voce esce molto più sicura e si permette qualche svolazzo sulle strofe.

Cliccando sulle immagini qui sotto potete godervi le due canzoni che, nonostante siano a pochi secondi di distanza una dall’altra, testimoniano due stati d’animo completamente diversi: panico e terrore nella prima, consapevolezza e puro divertimento nella seconda.

YT1.jpg
YT2.jpg

Wembley è completamente in silenzio e Tracy Chapman continua a guardarsi attorno per far entrare in testa più immagini possibili di una giornata del genere. È finita. Lascia risuonare l’ultimo accordo del riff e tutto è finito sul serio. Saluta proprio mentre il suo sorriso largo si trasforma in un singhiozzo di emozione. Il manager la deve portare giù dalla rampa di scale verso il backstage quasi a braccia, tale e tanto è il crollo emotivo. La trasportano in macchina e nel tragitto verso l’hotel pensa a quell’errore non si sa di chi e di quanto la disperazione di un suo idolo sia diventata di fatto una occasione irripetibile per lei. Arriva a fatica alla camera in tempo per vedere in TV l’esibizione di Stevie Wonder. Alla fine dopo estenuanti trattative l’hanno convinto a suonare sul main stage con la strumentazione di Whitney Houston.

Le orecchie le fischiano da quando ho lasciato il palco. 11 Giugno 1988. Che errore dimenticarsi quel synclavier. Che cazzo di errore. Un errore quasi perfetto. Un singolo gesto che ha cambiato forse per sempre la vita di almeno due persone, la sua e quella di Stevie Wonder.

Prima del Nelson Mandela 70th Birthday Tribute Tracy Chapman aveva venduto circa duecentocinquantamila copie del suo disco di debutto. Nelle due settimane successive all’evento le copie vendute furono circa due milioni.

Live.jpg

Autore : Federico Piva, 01/01/2023